Un declino inesorabile. Fino a quando durerà questo modo di fare? [Riflessione sportiva]

Sempre più negli ultimi due anni, in tempi falcidiati dalla crisi economica, assistiamo a grandi perdite di società sportive, sia a livello professionistico, ma soprattutto a livello dilettantistico.

Penso in primo luogo a sport dove di soldi ne circolano meno, come il basket, dove in primis a farne le spese è stata una squadra blasonata e la più seguita in Italia, come la Fortitudo, oppure al campionato di Legadue di quest’anno che vede molte squadre ripescate, in quanto l’organico è stato dimezzato. Scendendo nei campionati inferiori si arriva alla ex B2 che da quattro gironi è passata addirittura a tre. Se poi prendiamo il caso di Monfalcone, che è stata esclusa a campionato iniziato per inadempimenti nei pagamenti, il quadro diventa davvero drammatico.

Spostandoci in ambito pallavolistico, in occasione dell’ultima partita casalinga della Robur sentivo le chiacchiere che parlavano di un cauto ottimismo, nonostante l’ultimo posto in classifica, dovuto alla situazione di crisi di alcune società, e in ottica quindi di un possibile ripescaggio.

Ma allora forse non è giunto il momento di interrogarci su quanto sia sport quello attuale, o quanto in realtà sia marketing?

Di sponsor, ovviamente, se ne trovano pochi adesso, di soldi ne girano pochi, ma i costi si alzano sempre? E la risposta delle federazioni qual è? Non c’è problema! Ripeschiamo altre squadre e via… non ci poniamo il problema di fondo se realmente questo sistema che abbiamo creato sia sostenibile per tutti.

Io (chiedo scusa per la mia poca versatilità, ma cito sempre la pallacanestro, visto che avendo avuto esperienze da arbitro, allenatore e dirigente me ne intendo un po’ di più) posso riportare un altro esempio: campionato open CSI vs. 1° divisione in Federazione: livello agonistico uguale, forse addirittura più elevato al CSI, ma costi tripli in FIP. E allora? Questo è incentivare lo sport amatoriale? No! Le Federazioni stanno sbagliando tutte! Bisogna pensare ad una sorta di sport sostenibile per tutti, e in questo sta tutto il merito del CSI. Lo sport è un diritto, è una disciplina che educa alla vita e ai rapporti intersociali, e a nessuno, nessuno può essere precluso questo grande diritto.

Per noi che siamo di Ravenna poi in questi giorni sta andando in scena un grande dramma sportivo, quello del Ravenna Calcio, società, ma soprattutto tifoseria, che negli ultimi mesi sta pagando troppo dazio. Prima il colpo del calcio scommesse, e adesso la gestione Aletti che sta facendo sprofondare sempre più in basso la prima squadra cittadina.
Va reso onore al mister “Dodo” Giorgetti che si è accollato i costi per la partita casalinga dell’8 gennaio, ma sappiamo bene tutti che così non si può andare avanti per molto.
Ravenna è una città fertile dal punto di vista industriale, ha molte opportunità visto anche lo sbocco sul mare… mi chiedo io, è così impossibile pensare che qualche ravennate rilevi la società con un progetto serio?

Ormai siamo tutti abituati a questi soggetti che girano l’Italia, rilevano società sperando di fare guadagni, quando ormai sappiamo tutti che con lo sport non si guadagna più, e appena iniziano le perdite vendono. Ma lo sport si è ridotto a questo? Ad un guadagno? Ad un bilancio? Ad una cifra su un conto corrente? Ancora una volta mi viene da dire, ma dove siamo finiti?

Sentiamo parlare sempre più di sceicchi che acquistano società e spendono vagonate di soldi per giocatori, se solo quei soldi venissero usati diversamente… la gente non ha il pane da mangiare, ma sente in TV che giocatori come Eto’o guadagnano 20 milioni di euro netti all’anno…

Allora interroghiamoci sul sistema sportivo che abbiamo costruito, su che società abbiamo costruito, e ringraziamo il CSI che ancora, quasi come se fosse una mosca bianca, ci trasmette i valori originali e primari dello sport.

Matteo Manca

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