E’ facile raggiungere qualcosa quando sei forte. Il vero merito risiede nello sforzo, non nella forza.
Ho ascoltato uno spot radiofonico finalizzato alla ricerca di volontari, che cerca di far leva basandosi sul concetto dello “scoprire di riuscire a fare quello che non si pensava essere in grado di fare”. Tra l’altro poco tempo fa l’Associazione di Protezione Civile R.C. Mistral aveva lanciato una campagna di reclutamento intitolata “Scopri il coraggio che non hai – Scopri l’emozione di aiutare”.
Compito dei dirigenti di una Società Sportiva o di Comitato è anche quello di svolgere una seria attività di reclutamento. Un reclutamento che deve partire da un coinvolgimento personale che porti l’altra persona proprio a manifestare ciò che è in grado di fare. Come un vero talent scout, il dirigente deve essere in grado di capire le qualità del singolo ed individuare quale potrebbe essere il suo ruolo all’interno del meccanismo sportivo.
Forse questo è uno dei compiti che richiedono maggior concentrazione da parte dei dirigenti, che potrebbero anche non essere attenti nel riconoscere i segnali da parte di quelle persone che esprimono la voglia di fare e di mettersi al servizio dello sport.
Un compito che va svolto con immensa diligenza per non incorrere nel condizionamento (volontario o involontario) dell’altro con le proprie convinzioni sia da un punto di vista operativo che nel rapporto con gli altri, dando sfogo alle idee e alle opinioni (pur mantenendo un livello di supervisione). L’opera deve essere di indirizzamento per far comunque crescere i talenti naturali all’interno di un Ente basato su principi e valori fondamentali, ma non bisogna cadere nell’ammaestramento per nessun motivo.
Credo che nessun arbitro, allenatore o dirigente si sia sentito improvvisamente in grado di svolgere il proprio ruolo. Chi più chi meno ha dimostrato la propria “voglia di fare”, ma nessuno di noi sarebbe qui senza qualcuno che l’avesse preso per mano per accompagnarlo nella vita associativa. Un cammino comune che può essere continuo e non avere termine, non per l’incapacità dell’altro ad apprendere ma per le peculiarità proprie della formazione esperienziale.
Ritengo che la maggior parte di noi abbia scoperto o stia scoprendo il proprio senso del servizio grazie all’intuito prima e all’impegno poi di qualcuno più navigato.
Ma quali sono i vantaggi nello scoprire di saper fare? Ho provato a raccoglierne alcuni, che possono essere utilizzati per il coinvolgimento:
- acquisizione di competenze ed abilità dirette ed indirette, che possono essere spendibili anche in altri campi (ad esempio, se frequento un corso di inglese online ho come competenza acquisita direttamente quella di imparare l’inglese, come competenza indiretta quella di imparare ad usare meglio il computer);
- accrescimento dell’autostima, ovvero imparare a far qualcosa che si pensa di non saper fare è motivo di orgoglio;
- guadagno non inteso da un punto di vista materiale ma come scoperta del piacere nella gratificazione dell’anima per l’aver messo a disposizione sé stessi come individuo all’interno di una squadra per il raggiungimento di un bene comune (qui ci sta dentro tutto il concetto del volontariato e del senso del servizio, che non è facile da trasmettere e da far maturare);
- riconoscimento visibile, sia sull’impegno che sui risultati ottenuti, che concorre anch’esso all’accrescimento dell’autostima.
Chiudo con un interrogativo: come “fare” a far “scoprire a saper fare”?